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Elisa Sergi psicologa

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Oggi 19 marzo 2024 è come ogni anno la festa del papà.

Sappiamo ormai quanto siano importanti i modelli genitoriali nel costruirsi una propria identità e nel rapportarsi agli altri. Per noi donne, la figura paterna rappresenta il primo modello maschile, una figura importante, che senza dubbio influenza in maniera diretta o indiretta le nostre scelte di partner futuri e soprattutto la visione del mondo maschile in generale.

La figura paterna è importante perché si pone come “altro” necessario per ampliare gli orizzonti al bambino, facendolo evolvere dal rapporto simbiotico madre-figlio. In questo orizzonte il bambino inizia a scoprire il mondo con la sicurezza delle figure genitoriali al fianco. Per tali ragioni la qualità della relazione genitoriale è fondamentale per lo sviluppo dei figli.

Il rapporto che sussiste tra i genitori è importante per interiorizzare il modello di relazione che viene ovviamente appresa, infatti secondo numerosi studi, in presenza di un padre che ha un comportamento positivo e sereno con la madre (che si sente a suo agio, amata e rispettata), le figlie femmine svilupperanno sicuramente una  maggiore probabilità di manifestare una visione positiva del maschile e conseguentemente avere rapporti sentimentali distesi e funzionali.

Nel passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza si struttura la figura del padre sempre di più. Con le nuove esperienze con l’altro sesso si sperimentano gli schemi conosciuti, ovvero quello che abbiamo conosciuto fin da piccoli tra i nostri genitori. L’adolescenza poi è una fase molto delicata, poiché investe dei cambiamenti importanti,  da un punto di vista psico-fisico con mutamenti ormonali non indifferenti. In questo periodo la figura paterna funzionale deve essere in grado di accogliere e di educare con autorevolezza verso le regole, che devono comunque sia avere un certo margine di flessibilità. Un padre dunque presente, ma senza eccessi che sfociano in possessività e morbosità.

La figura paterna influenza positivamente o negativamente la visone che noi donne avremo da adulte del mondo maschile e questo è inevitabile. Avere avuto un buon modello di paterno di riferimento è predittivo di buoni e sani rapporti di coppia in cui la donna possa sentirsi a proprio agio con l’uomo che avrà a fianco.

Viceversa bambine che hanno avuto un cattivo rapporto con il padre, o che hanno visto una dinamica disfunzionale tra i genitori avranno più probabilità di incorrere in relazioni non soddisfacenti e lesive a lungo andare. Modalità negative vissute nell’infanzia e nell’adolescenza possono essere predisponenti verso future relazioni dannose.

Modelli paterni

In letteratura ho trovato un articolo interessante su Psychology Today, effettuato da alcuni studiosi di Harvard che classificano i modelli paterni come segue:

  • Padre autorevole 
    Autorevole non vuol dire autoritario, nell’autorevolezza ci sono le giuste regole, ferme ma applicate con saggezza e flessibilità. In questo caso il padre è anche affettuoso e rispondente alle necessità psicofisiche dei figli. La figlia riuscirà meglio a ingaggiare rapporti sereni, facendo rispettare i propri confini senza sopraffare o venire sopraffatta.
  • Padre permissivo
    Un padre permissivo e eccessivamente coinvolto emotivamente, e che magari si è fatto scavalcare non ponendo le giuste basi gerarchiche,  non è un modello  sano, poiché la figlia da adulta potrebbe ricercare uomini in grado di sottomettersi e pretendere le attenzioni del partner in maniera esasperata e non serena.
  • Padre distaccato
    Un padre assente, freddo, distaccato pone le basi per la ricerca di un compagno che rispecchi queste caratteristiche di anaffettività che ha posto in essere con la figlia. Viceversa la figlia potrebbe ricercare un partner che sia l’eccesso opposto ovvero possessivo e eccessivamente attaccato.

La conclusione di una relazione è qualcosa che porta con sé una  grande dose di sofferenza, scaturita dalla mancanza e dalla nuova condizione dovuta alla perdita della persona. Un nuovo assetto dunque che la persona si trova a sperimentare, una rinnovata  solitudine del tutto simile ad un lutto.

Chi non ha mai provato la tristezza, lo sconforto, l’avvilimento dopo la fine di un rapporto amoroso? Un turbinio emotivo caratterizzato da disagio e malinconia. Un panorama di emozioni che ricordano e che spesso coincidono con le medesime che si sperimentano per l’elaborazione di un lutto, ovvero la negazione o il rifiuto, la rabbia, la contrattazione o il patteggiamento, un umore tendente al basso, che non mi piace definire depressione  e infine l’accettazione.

Queste fasi sono state descritte e elaborate dalla Dottoressa  Elizabeth Kübler Ross,  psichiatra svizzera

  • Rifiuto e negazione
  • Rabbia
  • Patteggiamento o contrattazione
  • Depressione (umore basso)
  • Accettazione.

Sono step che ogni persona attraversa soggettivamente a seconda delle proprie caratteristiche personali.

Rifiuto e Negazione

Questa è il primo passaggio in cui l’individuo rifiuta di accettare la realtà dei fatti. Rappresenta un meccanismo di difesa che comporta una serie di atteggiamenti legati alla negazione di ciò che è successo.  Le emozioni conseguenti possono essere molteplici, tra le quali: ansia, confusione, malinconia, nostalgia e paura. Il tempo di tale fase ovviamente è variabile da persona a persona.

Rabbia

Il secondo step è quello della rabbia, l’emozione che più di tutte motiva all’azione, facendoci compiere eroori talvolta anche gravi. Questa emozione a volte distruttiva e dannosa, può essere rivolta sia verso colui o colei che abbiamo perso, sia verso sé stessi, gli altri o  il destino in generale.

Contrattazione o patteggiamento 

In tale fase la persona tenta di riappropriarsi della propria vita, sforzandosi di riprendere le proprie abitudini o crearne di nuove, magari più funzionali al proprio benessere. Riemergere dagli abissi, cercare di riprendere una boccata di ossigeno, sperimentando cose nuove, anche se il percorso è ancora in salita.

Depressione

Il termine depressione è una vera e propria diagnosi, che per essere usato ha bisogno di precisi criteri, perciò personalmente preferisco sempre parlare di umore basso. Forte e intensa disperazione, vuoto emotivo e tanta tanta tristezza. ciò che si prova è un dolore lancinante e continuo, una mancanza di interesse per la vita in generale e le attività consuete, turbamenti nel sonno e carenza di appetito. sono frequenti i picchi di ossessività e pensiero rimuginante relativo al passato, frequente anche il senso di colpa.

Solitamente è in questa fase che noi psicologi riceviamo maggiormente richieste di aiuto dalle persone. Ogni persona è diversa, è un mondo a se stante, ed elabora il lutto a proprio modo con le soggettive caratteristiche di personalità, non c’è un percorso univoco né standard. Il percorso psicologico è utilissimo per comprendere ed esplorare ciò che ci sta succedendo, trovando nuove risorse per andare avanti.

Accettazione

Finalmente in questa fase si comincia a delineare un nuovo assetto emotivo, dato anche dalla rassegnazione. Questo non vuol dire cessare di soffrire, o poter cancellare come con un colpo di spugna la persona che si è perso, purtroppo questo no. In questa fase si riconosce che ciò che è successo ormai è successo e che la perdita, così come la morte è una parte fondamentale e inequivocabile della vita. E’ un processo lento ma pian piano la consapevolezza e l’accettazione arrivano sempre.

Anche in tale fase le emozioni naturalmente si alternano in maniera intermittente e a seconda delle caratteristiche individuali della persona. E’ qui che si inizia a intravedere qualche momento di apparente serenità, che mette le basi per un ritorno “alla vita”, sperimentando nuovi metodi per convivere con il dolore della perdita.

Possono venire in nostro aiuto, in questa fase, come in ogni altra fase precedente, le sane abitudini, come l’esercizio fisico, una dieta salutare e coltivare relazioni sane ed equilibrate.

Sono lieta di invitarvi alla presentazione del mio libro: “Il Magico Potere dei Sogni e la loro Interpretazione” edito EPC editore.

L’evento si svolgerà a Firenze al Conventino Caffé Letterario, in via Giano della Bella n. 20 alle ore 18:00 a Firenze.

Ci sarà la possibilità di acquistare il libro, di farmelo firmare e di intervenire durante la presentazione.

Vi aspetto numerosi!Ci vediamo martedì 20!

Anche questo anno torna a grande richiesta PsicoAgenda, ormai giunta alla sua 3° edizione.

Una grafica tutta nuova e molto “pinky” per questa nuova edizione dedicata al 2024.

Sempre presente la nutrita parte  del diario emotivo, ovvero le pagine destinate alle nostre emozioni e a tutti i nostri vissuti interni, con la presenza dell’utile strumento di consapevolezza, la ruota delle emozioni.

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psicoagenda 2024PsicoAgenda si riconferma, anche grazie ai vostri numerosi feedback come un utile  ausilio per il benessere quotidiano, grazie ad un planner strategico che è l’agenda settimanale e grazie alle pagine per liberare e sfogare ciò che abbiamo dentro.  Del resto la scrittura è una forma terapeutica da sempre utilizzata da diversi terapeuti.

Il costo di PsicoAgenda è di 25 euro.

Buon nuovo anno con la vostra PsicoAgenda 2024

 

“Autodefinisciti con 5 parole”

Wow, bella domanda, non basterebbe una giornata intera per rispondere!
Ecco quello che ho pensato immediatamente dopo che il conduttore mi ha posto questa domanda in diretta tv, l’altro giorno.

Di getto, non pensandoci più di tanto ho risposto: “Naif, estrosa, colorata, audace e insofferente”

La nostra autopercezione è importante perché veicolerà il nostro atteggiamento nei confronti del mondo esterno e di quello interno, dei nostri valori, atteggiamenti e pensieri. Avere una buona percezione di se stessi, è di vitale importanza per la nostra qualità di vita, poiché che ci piaccia o no, dovremmo conviverci per tutta la vita.

COSA E’ L’AUTOPERCEZIONE?

Elisa SergiLa percezione della nostra persona è un costrutto assai complesso, del quale non siamo neanche totalmente consapevoli. Spesso ci imponiamo delle convinzioni, che poi risultano fasulle. A volte abbiamo una percezione erronea di quella che invece è la nostra vera natura, spesso sono anche i desideri degli altri e le etichette che ci affibbiano ci depistano. Se però è vero che potremmo essere sviati dall’immagine che vorremmo avere di noi, dall’idea o meno di perfezione, o da quello che terzi ci vogliono far credere, in realtà le nostre azioni sono più tangibili e veritiere, e rispecchiano maggiormente la nostra vera essenza.

Infatti l’autopercezione è il risultato di quello che vorremmo essere e quello che in realtà siamo. E’ un costrutto in continua evoluzione, frutto di anni e anni di esperienze e di vita vissuta e soprattutto sempre in costante cambiamento.

La cosa che non mi piace e che mi spaventa un po’, è che nella percezione che abbiamo di noi stessi, c’è anche qualcosa di esterno, valutazioni, giudizi, sentimenti altrui, che il più delle volte ci influenzano, senza che davvero ci rappresentino. Infatti capita che l’immagine che gli altri hanno di noi, non sia corretta, né oggettiva, né spassionata,  ma completamente distorta da mille cose come pregiudizi, gelosie, sofferenze, bisogni, che rispecchiano inconsapevolmente nella percezione degli altri.

COME POSSIAMO INTERVENIRE?

Le cose passate, non si possono cambiare, ci devono servire da guida, per capire dove abbiamo fatto bene e dove invece ci sia bisogno di migliorare. Infatti se sul passato non possiamo agire, possiamo farlo per il nostro presente per cercare di migliorare il nostro futuro. Come fare? Sappiate che non è un percorso semplice, occorre molta pazienza e tanta conoscenza di sé. La prima cosa da fare è cercare di capire e approfondire quali siano le nostre convinzioni legate a noi stesse. In poche parole: CONSAPEVOLEZZA. Quello che in psicologia si chiama insight.
Quali sono le nostre idee, le nostre convinzioni sulla nostra persona? Sembra semplice vero? Beh provateci… io ancora qualche dubbio ce l’ho!!
Una volta approfondito questo step, provate a capire se intorno alla nostra persona ci sono sensazioni positive ma soprattutto negative in grado di condizionare la nostra percezione. Sicuramente qualcosa troverete. Tutti e dico tutti, abbiamo vari spauracchi che ci impediscono di vedere le cose nella loro chiarezza più totale. Affrontarli e riconoscerli è già un gran passo.

LE 5 AREE PER L’AUTOPERCEZIONE

  • FAMILIARE
  • SOCIALE
  • PROFESSIONALE/scolastico
  • ESTETICA/corporea
  • INTELLETTIVO/culturale

Ogni aspetto della nostra autopercezione è inserito in una di queste 5 aree. Il nostro temperamento è importante e può influenzare la visione che abbiamo di noi stessi, in queste diverse aree.
Se siamo persone positive, tenderemo ad avere visioni altrettanto positive, se al contrario tendiamo ad essere pessimisti o negativi, vedremo tutto offuscato da tale atteggiamento. In questo caso, sarebbe il caso di intervenire in qualche modo al fine di correggere tale visione. L’importante è sempre e comunque in primis, la qualità di vita, e se l’autopercezione di noi stessi non è buona, è sintomo che qualcosa non va.
L’obiettivo finale dovrebbe essere sempre quello di migliorare la nostra vita, perciò possiamo iniziare dal migliorare la visione che abbiamo di noi stessi.

LA PROFEZIA CHE SI AUTOAVVERA

L’idea che ci siamo fatti di noi stessi, è molto importante perché condiziona tutto il nostro comportamento. In psicologia, questa specie di formula magica (e vi assicuro che lo è!) è chiamata:  Profezia che si autoavvera. Quando una persona affronta le cose in maniera propositiva, abbracciando una filosofia di vita il più serena possibile, è molto proababile che il suo percorso sia pieno di positività.  Viceversa è anche vero il contrario, ovvero, quando si affrontano le cose in maniera pessimistica, spesso non si scappa da tale circolo vizioso negativo. La paura del fallimento, con una rimuginazione continua, non porterà ad altro che al fallimento stesso. In pratica i nostri atteggiamenti confermano l’idea che abbiamo di noi stessi e delle cose che ci approcciamo a fare. Il mio temperamento solare e positivo è dovuto all’autopercezione che ho di me stessa e a una sorta di scaramantica profezia che si autoadempie, capace di far avverare tutte (o quasi) le cose che desidero fortemente. 

COME FARE?

Elisa SergiOvviamente tutti noi abbiamo lati oscuri, insicurezze e aspetti negativi. La chiave di volta a mio avviso è cercare di non badarci troppo, provando a non soffermarsi su questi aspetti che sono nocivi e basta. Li abbiamo sì, li riconosciamo e li accettiamo, ma la cosa migliore sarebbe non attribuirgli troppa importanza. Anche perché ci saranno sempre persone che ingigantiranno i nostri lati negativi, per mille ragioni, però lasciamo che questo rimanga un loro problema e non nostro.

Un’altra strategia secondo me è quella di non farsi scoraggiare dai nostri momenti di down, ovvero tutte quelle situazioni in cui ci sentiamo giù per vari motivi, e tendiamo spesso a interpretare tutto negativamente adagiandosi in un alone di pessimismo. Il bello e il cattivo tempo, non dura tutto il tempo, come diceva un saggio di cui non ricordo il nome.

Focalizzarsi solo su aspetti negativi, spesso ci fa trascurare altri aspetti assai più importanti e positivi di noi stessi. Inoltre fossilizzarsi su eventi non positivi, mettendoli al centro dell’attenzione, ci pone a ingigantire situazioni passeggere che spesso si risolvono prima del previsto.

INFINE RICORDIAMOCI

Elisa SergiNon esiste per fortuna solo il bianco e il nero, ma ci sono tantissime sfumature di colori, dai più accesi ai più tenui…è solo una questione di punti di vista.

La visione che noi abbiamo del mondo, costruisce la nostra realtà, influenzando tutto ciò che ci circonda, specie emozioni, rapporti, azioni e perciò anche gli altri. L’indole non si cambia è vero, c’è chi nasce ottimista e chi pessimista di natura, quello che si può fare è cercare di vivere al meglio, curando il più possibile la qualità della nostra vita e delle nostre relazioni. Questo passa anche dalla percezione che abbiamo di noi stessi. Perciò lavorare su questo aspetto a mio avviso è fondamentale.  Curare autostima e autoefficacia è la chiave dei nostri successi nelle diverse aree della nostra vita.

E voi avete qualche startegia che mettete in pratica per migliorare la vostra qualità di vita?